Archivio 2017/2018

Archivio CampusLab 2017/2018

Il Teatro e le Radici

Da dove si parte per costruire se non dalle radici?
Le radici che affondano dentro di noi sono quelle del nostro sangue, delle nostre relazioni familiari, della nostra memoria. Ed è da queste radici che siamo partiti per cominciare a darci voce.

Con i ragazzi del Laboratorio Critico abbiamo interpellato madri, padri, fratelli, sorelle, nonne, nonni e cugini. E abbiamo chiesto loro di raccontarci che cos’è per loro il teatro e che cosa li ha spinti almeno una volta nella vita a cercare emozione, verità o evasione dietro ad un sipario. Abbiamo spalancato, con dolcezza o fermezza, i loro cassetti della memoria, più o meno recente, e proprio lì, dove le relazioni si cristallizzano con più facilità, abbiamo scoperto che una domanda può farsi crepa di luce e generare connessione, dialogo, eco emotiva anche dove non ce l’aspettiamo. E che il teatro può aprire possibilità di nuovi sguardi sul nostro mondo, darci accesso a parti sconosciute di noi stessi e degli altri, mettere in discussione convinzioni e punti di vista.

Quello che è emerso lo leggerete di seguito, attraverso le voci, le parole e i disegni dei ragazzi e delle ragazze del Lab Critico.
Queste voci, le loro radici e le loro interrelazioni saranno la colonna sonora di questo blog, che proverà a farsi memoria e narrazione di un anno di Fondazione Teatro Civico di Schio.

Da dove si parte per costruire se non dalle radici?

Silvia Ferrari

Caro diario di Elisa Ferretto
Mia nonna di Martino Dalla Vecchia
Il teatro per mamma di Iris Smiderle
Medicina per la nostalgia di Marko Jovanovic
Mio cugino di Agnese Pegoraro
Non serve un teatro per fare teatro di Gaia Maria Rizzato
Immersa di Giulia Chiumento
Intervista a mia madre di Riccardo Cogollo
Freddo di Rachele Sandonà
Agitazione (mia madre) di Giulia Ciscato
Mia zia di Matilde Cazzola
Ti ricordi? di Elena Mioni
Arte di Francesca Raumer
Breve intervista a mio fratello di Francesca Catelan
Il mio primo ricordo di Emma Cariolato
Non siamo tutti così bravi di Rachele Dalla Vecchia
Improvvisare di Stefano De Rigo
Il teatro è come una rosa di Cristina Alina Vaduva
Genuinità di Anna Marangon
Il teatro “de ‘na volta” di Eleonora Sartore
Sognare a teatro di Sofia Costanza Perilli

Marco Paolini, Numero Primo e i gesti sulla scena

«Ogni singolo avvenimento ha un proprio “gesto” fondamentale […]. La bellezza della rappresentazione, cioè della disposizione e dei movimenti dei personaggi sulla scena, deriverà innanzitutto dall’eleganza con cui il materiale gestuale sarà presentato e sottoposto al giudizio del pubblico».

– Bertold Brecht –

Qual è il materiale gestuale di “Le avventure di Numero Primo” di Marco Paolini? Quali sono i gesti, i movimenti scenici o drammaturgici, i momenti, i comportamenti che risuonano dentro di noi? Dov’è, dal nostro punto di vista, l’eleganza dello spettacolo?
Con i ragazzi del Lab Critico della Campus Lab abbiamo lavorato sulle nostre risonanze emotive, positive o negative, rispetto alla vicenda raccontata da Paolini. Queste le risposte.

“Scusa, papà!” di Iris Smiderle
Un artista encomiabile di Elena Mioni
Due mondi contrastanti di Elisa Ferretto
Padre e figlio di Matilde Cazzola
Futuro di Giulia Ciscato
Affezionarsi lentamente di Francesca Raumer
Emozioni del padre di Francesca Catelan
Coraggio di Emma Cariolato
Padre-figlio di Agnese Pegoraro
Meraviglia di Cristina Alina Vaduva
“Noi siamo diventando proprio coraggiosi, papà!” di Stefano De Rigo
“Apri l’ombrello, papà” di Eleonora Sartore
Futuro e tecnologia di Gaia Maria Rizzato
Numeri Primi di Rachele Sandonà

Macbeth e la caduta della quarta parete

Cosa succede se cade la quarta parete e il pubblico si ritrova improvvisamente all’interno della scena teatrale? Cosa si prova a non distinguere più la platea del palcoscenico, a trovarsi interpellati dagli attori, a diventare noi stessi personaggi e testimoni dell’intreccio drammaturgico?

Con il Macbeth di Patricia Zanco abbiamo sperimentato su noi stessi il capovolgimento dello spazio teatrale, la non-definizione dei confini – rassicuranti – che separano spettatori e attori. Cosa abbiamo provato? Quanto Macbeth è diventato parte di noi?

Boom di Iris Smiderle
Macbeth? di Sofia Costanza Perilli
Surrealismo scenico di Giulia Chiumento
Oddio, sta parlando con me? di Giulia Ciscato
Essere al centro della scena di Matilde Cazzola
Vuoto e pieno di Rachele Dalla Vecchia
Sussulto di Eleonora Sartore
Fantasmi di Cristina Vaduva
Quando un muro cade di Stefano De Rigo
I cocci della quarta parete di Gaia Rappo
Macbeth? This is the question di Cristina Alina Vaduva
Riusciresti a guardare negli occhi un uomo che muore? di Rachele Sandonà
Tradimento? Fiducia? di Francesca Catelan

Il Casellante: uno sguardo per sottrazione

Questa volta procediamo per sottrazione e proviamo a raccontare uno spettacolo con l’essenzialità: solo un’immagine e tre parole. Lo spettacolo su cui posiamo il nostro sguardo è Il Casellante con Moni Ovadia, Mario Incudine e Valeria Contadino, andato in scena il 16 marzo 2018 al Teatro Astra di Schio. Tratto da un racconto di Andrea Camilleri, Il Casellante è una storia comica e tragica, imbevuta di Sicilia nella lingua e nell’atmosfera. Ecco le immagini e le parole scelte dai ragazzi e dalle ragazze del Lab Critico.

 

 

“Il deserto dei Tartari” e il tempo raccontato a teatro

Come si racconta il tempo a teatro? Con Il deserto dei Tartari, portato in scena il 7 aprile al Teatro Civico di Schio con la regia di Paolo Valerio, al centro della nostra riflessione abbiamo posto il tempo, il suo scorrere, srotolarsi, espandersi e la traduzione drammaturgica che si può realizzarne sulla scena. E ci siamo interrogati sulla nostra percezione di quel tempo scenico e sull’attesa raccontata a teatro.

Plock di Rachele Dalla Vecchia
L’attesa e il senso del tempo di Iris Smiderle
Sorriso di Elisa Ferretto
Un’attesa infinita di Giulia Chiumento
Hai tutta la vita davanti di Rachele Sandonà
Quel deserto che ti aveva visto morire di Francesca Catelan

Spettatori bambini

Un bambino che entra a teatro è lo spettatore più trasparente, sincero e potenzialmente difficile che esista. Non ha filtri, non rispetta i codici di buon comportamento, non trattiene le emozioni rispetto a ciò che sente. Se si annoia, sbadiglia apertamente. Se si spaventa, salta sulla sedia. Se si diverte, urla e saltella. Un bambino che entra a teatro è una distesa di limpidezza schietta.

Con gli spettacoli “Il gatto con gli stivali” della Compagnia Simona Bucci e “Racconto alla rovescia” di Claudio Milani, andati in scena al Teatro Civico di Schio, ci siamo mescolati ai piccoli spettatori della rassegna “Vieni a teatro con mamma e papà” e ci siamo chiesti che cosa possiamo imparare dai bambini e cosa del loro modo di osservare e vivere il teatro può risuonare attraverso di noi.

Silvia Ferrari

Teatro ragazzi: l’importanza dello stupore di Agnese Pegoraro
Un bambino a teatro di Chiara Canale