Macbeth?

Il primo colpo lo prendi appena entri in teatro e ci trovi il solito invalicabile muro di spettatori spartito da una striscia di pavimento larga pochi metri che prosegue indisturbata fino al palco. Gli spettatori siedono ovunque, sul palco stesso, ma tutti rivolti verso questa Via Crucis shakespeariana. Le prime file sono a suo diretto contatto, non ci sono recinzioni a proteggere lo spettatore dalla storia di Macbeth. E quando lo spettacolo inizia, tutto succede a un palmo dal tuo naso, le tre attrici ti fissano e ti parlano come se fossi tu stesso uno degli attori. È questo l’ultimo colpo di ariete che determina la caduta del quarto muro. Ma cosa significa il suo crollo in una storia come quella di Macbeth?

Macbeth e Lady Macbeth sono due figure che nell’approssimazione della cultura generale possono sembrare meri simboli e allegorie, potenti senza dubbio, ma da noi lontanti e non proprio concreti. Insomma, se la storia avesse voluto sembrare realistica chi avrebbe fatto compiere ai protagonisti degli atti così disumani? Chi mai avrebbe inserito il dettaglio soprannaturale delle streghe? Chi diamine avrebbe chiamato “Lady Macbeth” la moglie di uno che per primo si chiama “Macbeth”? Well. Shakespeare.

Il punto di questa tragedia shakespeariana sta nel comprendere e riconoscere quanto le terribili parole, scelte e azioni dei personaggi ci siano vicini. Quanto sia indefinito il confine fra ciò che porta al compimento del primo sacrilego omicidio: la profezia delle streghe e l’insistenza di Lady Macbeth o l’effettiva brama di potere di Macbeth. Quanto la totalizzante spietatezza e vanagloria di Lady Macbeth si tramutino velocemente in ossessivo rimorso, fino alla pazzia e alla morte. Quanto l’invidia, l’impulsività, la cattiveria, il rimpianto e l’ossessione facciano parte della nostra quotidianità, anche se non con queste iperboliche modalità.

È questo che la particolare disposizione dei sedili in Macbeth? ci svela. In queste inusuali ma ben riuscite condizioni, tutti noi ci sentiamo e siamo i servi che potrebbero essere incolpati di uno degli omicidi dei coniugi o che dovranno tacerli; siamo la nobiltà che farà finta di non sospettare la terribile verità che si cela sotto al bizzarro comportamento di Macbeth al banchetto. In ogni situazione, siamo costantemente testimoni e complici di ogni atrocità commessa.

Ci sono inoltre i personaggi minori interpretati da Beatrice Niero, quelli in cui è più facile trovare comprensione e conforto, meno tragici e più ironici, imperfetti come i personaggi di Patricia Zanco e Francesca Botti, ma in modo più blando e accettabile.

Oltre a questo brillante quanto nodale elemento, lo spettacolo ha dei picchi di coolness pazzesca, come l’entrata in scena di Lady Macbeth cantando Bang Bang (My Baby Shot Me Down) di Nancy Sinatra, o il momento in cui il portiere e Macbeth vanno a farsi un tiro di sigaretta, e l’aroma del tabacco ti pizzica le narici. Anche la presenza di un “regista live” che riprende in tempo reale gli avvenimenti, o i dettagli di essi, e questi siano proiettati sulla parete, è un elemento molto felice, reso anche più interessante dal fatto che il “regista” improvvisi le sue riprese ad ogni spettacolo.

Infine, Macbeth? di Patricia Zanco porta in scena l’attualissima questione dell’immagine fisica e psicologica della donna e in parte anche la questione gender. Tutte e tre le interpreti sono donne, ma donne diverse esteticamente e caratterialmente. C’è un modello definito a cui ogni donna deve aderire, o a cui per natura è portata? È una forzatura che una Donna™ si metta nei panni di un Uomo™, e viceversa? Ha senso dire “mettersi nei panni di un uomo/donna” in senso così vago e generale? E c’è davvero uno iato così invalicabile fra come possono essere ciò che possono avere un uomo e una donna? Forse è ancora presto per rispondere, ma non per aprire il dibattito.

Sofia Costanza Perilli