Il teatro “de ‘na volta”

“Che cosa può avere in comune col teatro un povero vecchio come me? Ah, non scherziamo! Il teatro mica è nato ieri: era il 1948 ed io già avevo recitato in molte occasioni. Purtroppo, però, la mia carriera da attore fu piuttosto effimera e io, costretto ad andare a lavorare da mio nonno, ho abbandonato questa strada troppo presto. Ma tu, tu che sei giovane, con tutto quello che offre il mondo d’oggi, non lasciartele scappare occasioni del genere, che le passioni vanno seguite subito, senza pensare troppo al come, quando ti si presentano!”

“Piano nonno, non correre con le parole come fai di solito. Siediti un momento e spiegami com’è che tu hai recitato.”

“Dunque, non è che io abbia sempre recitato. All’inizio facevo il bigliettaio per aiutare la compagnia teatrale del mio paese, poi mi hanno proposto di occuparmi delle sceneggiature e dell’allestimento che servirà di spettacolo in spettacolo. Si vedeva, sai, che oltre alla capacità manuale avevo anche una vena creativa, io e quindi dopo qualche tempo il parroco mi ha lasciato recitare insieme alla compagnia. Non è che avessi fatto corsi: l’unico teatro che avevo visto prima di allora era quello fascista in cui mi portava la scuola. Però mi affascinava la recitazione e diciamo pure che me la cavavo bene per essere un principiante. Il primo – e ahimè ultimo – ruolo che ho avuto è stato quello del servo in una commedia del veneziano Goldoni. Come si chiamava, come si chiamava… Accidenti la vecchiaia, se non è vero che gioca brutti sch… Ho ucciso mio figlio, sì, era questo il titolo, Ho ucciso mio figlio.”

“Ma dove recitavate se non esisteva un teatro?”

“Dove capitava: nelle scuole, negli oratori, nelle mense. Non avevamo un palco, è vero, ma avevamo la gente e questo ci bastava.”

“Nonno, che mi racconti! Sapevo ne avessi fatte tante di cose nella vita, ma questa del teatro, ah, questa mai me la sarei immaginata! Cosa vuoi che abbia a che fare un ingegnere edile con il teatro, mi dicevo.”

“Ascolta un’ultima cosa: il teatro è per tutti. Io non ero molto colto, avevo solo la quinta elementare, ma ero scaltro, curioso, volenteroso, ed è questo che conta. Il teatro non crea barriere, le abbatte. Imprime sicurezza nell’esprimersi, potenzialità nell’individuo, padronanza nella persona. Il teatro dà voce. Almeno questo per me, poi non so…”

Eleonora Sartore