Numeri primi

—I numeri primi sono affascinanti: individualisti, testardi, solitari. Non si concedono a nessuno se non a se stessi. Non sono nient’altro se non se stessi. È un privilegio (o una condanna) essere numeri primi, è per quei pochi che sono forti abbastanza da preservare la propria integrità, a costo di scombinare ogni cosa. E tra di noi? Nel mondo dei social network, dove la propria immagine viene minuziosamente costruita perché sia vista, copiata, apprezzata dagli altri, esiste ancora qualcuno che sa essere semplicemente multiplo di se stesso? Con gli occhi sempre nostalgicamente rivolti al passato, i pre-tecnologici risponderebbero che no, che l’amore, la fiducia, l’amicizia si sono smarriti nei labirintici circuiti di un computer, e mai li hanno ritrovati. Privi di fantasia, incapaci di sognare, per i propri figli, un futuro diverso dal loro: la giostra gira troppo in fretta, i pre-tecnologici non vedono il bambino, con un occhio verde e uno molto di più, che tende loro la mano. Non ci credono più, nei bambini. Qualcuno, invece, resta sulla giostra, qualcuno spera ancora di essere scelto, all’improvviso, per diventare parte di un miracolo. Qualcuno resta, e il miracolo arriva. Ha un occhio verde e uno molto di più, lo sguardo saggio e la voce innocente, si chiama Numero Primo. Dice di andare a casa, perché piove. Dice “papà”. Numero Primo ricorda a tutti i disincantati cronici che due solitudini talvolta possono farsi compagnia, che la tecnologia non può distruggere gli uomini, ma sono gli uomini a distruggere se stessi, che la magia esiste ancora, basta saperla vedere.

Rachele Sandonà