I matti? I matti non li ascolta mai nessuno, è per questo che gli tocca crearsi da soli il loro mondo, le loro persone, i loro eventi.
I matti? I matti non si sa se nascono tutti così, alcuni sì altri no. Certe volte sono altri matti che li contagiano, altre  li fanno diventare tali le persone “normali”. Allora forse sì che sono già matti dentro, allora è col tempo che trovano loro stessi.
I matti? I matti a volte sono buffi, a volte spaventano.
I matti? I matti non sono cattivi, non sono buoni, sono tutti e due ma separati nel cuore e nella mente.

Amelia Maccà

I pazzi sono quelli lì che dicono cose strane e parlano con gli amici immaginari. A volte sono anche cattivi e fanno male alle persone che però non si sa perché. Ma sono molto buffi e simpatici come quello dello spettacolo che aveva i capelli tutti spettinati e colorava sui muri e contava le lettere delle parole. E poi fanno cose senza senso come arrampicarsi sui palazzi alti perché vogliono volare come gli uccellini e io una volta ne ho visto uno c’era la polizia e l’ambulanza e lui gridava che voleva buttarsi e intorno c’era un sacco di gente. Ma però secondo me i pazzi sono fatti così un giorno sono felici e un altro moltissimo tristi e certe volte vogliono perfino buttarsi dalle finestre non per diventare uccellini questa volta ma per andare dagli angeli del paradiso.

Francesca Morelli

I pazzi sono quelli lì che dicono cose strane e parlano con gli amici immaginari. A volte sono anche cattivi e fanno male alle persone che però non si sa perché. Ma sono molto buffi e simpatici come quello dello spettacolo che aveva i capelli tutti spettinati e colorava sui muri e contava le lettere delle parole. E poi fanno cose senza senso come arrampicarsi sui palazzi alti perché vogliono volare come gli uccellini e io una volta ne ho visto uno c’era la polizia e l’ambulanza e lui gridava che voleva buttarsi e intorno c’era un sacco di gente. Ma però secondo me i pazzi sono fatti così un giorno sono felici e un altro moltissimo tristi e certe volte vogliono perfino buttarsi dalle finestre non per diventare uccellini questa volta ma per andare dagli angeli del paradiso.

Francesca Morelli

Una stanza bianca, una storia da scrivere, puntellata di tanti ricordi che velocemente confluiscono nella testa riccioluta di Raffaello, e tramite il suo racconto (alla madre?) arrivano al pubblico che, incredulo, forse un po’ divertito, forse un po’ spaventato prova ad immedesimarsi nel bambino cresciuto che sta sul palco. Una storia diversa dalle altre – come del resto sono “i matti”- o forse molto simile a quella di tanti altri “Raffaello” o “Antonio” o chissà chi… dobbiamo ammettere di esserci sentiti tutti, almeno una volta, diversi dagli altri, matti a modo nostro, ma non necessariamente nell’accezione negativa, anzi, magari proprio per questo speciali e straordinari; se è la diversità ad arricchirci, beh allora,  i “matti” costituiscono il più grande patrimonio al mondo, il più grande “giacimento di petrolio” che sta a noi scoprire,  affinché nessuno abbia mai a sentirsi (usando le parole di Raffaello) solo come i “da soli”.

Francesco Buzzacchero 

Quando si sono accese le luci e il palco si è illuminato, tutto, proprio tutto, era bianco: il letto, le coperte, le pareti, il pavimento…TUTTO. Anche l’uomo, in mezzo alla stanza, era vestito con una tuta bianchissima e l’unica cosa colorata erano i suoi capelli ricci e a palla come un soffione. Quando ha cominciato a parlare alla sua mamma che era a sdraiata sul letto sotto un mucchio di coperte (bianche ovviamente) e che stava male ha iniziato a starmi simpatico perché mi piacciono le persone che sono gentili con la loro mamma, io ci provo sempre anche se a volte la faccio arrabbiare e quindi poi mi dispiace e le chiedo scusa. Comunque quest’uomo parlava e parlava con la sua mamma che però non rispondeva, ma lui continuava senza fermarsi e le raccontava di come stava, di cosa faceva e di come si sentiva e lì mi è salita un po’ di tristezza. Ero triste perché anche io a volte come lui mi sento un po’ sola e non molto capita e mi piace immaginarmi dei mondi dove invece sono sempre felice, però per fortuna io la mia mamma l’ho sempre avuta vicina a me e non mi ha mai abbandonata… L’uomo però anche se era un po’ triste mi faceva ridere a volte e ho sentito che anche le altre persone ridevano quando diceva qualcosa, qualche volta però le battute non le capivo, ma non importa. A me divertiva perché parlava e si comportava in un modo buffo, anche se era grande assomigliava ai bambini con cui gioco sempre e per questo mi piaceva. A volte vorrei che gli adulti fossero un po’ più come lui. Che raccontassero anche loro a noi bambini che si sentono un po’ soli e un po’ tristi e che vorrebbero avere la loro mamma lì vicino. Comunque poi tutto il bianco della stanza non è più stato un grande problema perché ad un certo punto l’uomo ha portato dentro una grossa pianta con cui ha anche parlato un po’ e anche per questo lui mi piaceva perché anche io quando vedo che una delle nostre piantine ha le foglie secche e sta per morire ci parlo così magari non muore e vive ancora per un po’. Dicevo che il bianco non era più un problema un po’ per la pianta ma anche perché ogni volta che usciva dalla porta della stanza e poi rientrava l’uomo aveva la tuta sempre colorata con un po’ più di azzurro e quindi non era più tutta bianca e alla fine invece era quasi tutta azzurra e mi piaceva molto di più perché l’azzurro è il mio colore preferito. Poi ho scoperto che pure a lui piace molto disegnare mondi che si immagina da solo dove si diverte e ha molti amici proprio come faccio io e che gli piace anche volare e vorrebbe tanto scoprire come riuscirci. A volte io guardo il cielo e vedo gli uccelli che volano e si rincorrono e immagino di essere uno di loro e di vedere tutti i palazzi dall’alto, il parco giochi con lo scivolo altissimo e la mia casa dove nel giardino c’è l’altalena che uso quando ho così tanta voglia di volare che mi accontento di quella. E ho capito che faccio bene ad accontentarmi perché invece lui ci ha provato davvero a volare ma non ci è riuscito ed è caduto e si è rotto un po’ di ossa. Ho anche capito che lui però non desidera volare per vedere la sua casa dal cielo, ma vuole imparare a farlo per riuscire a non cadere quando si sente triste ed essere capace invece di andarsene sempre più su dove c’è solo la felicità. A teatro quella sera ho imparato e visto tante cose, mi sono divertita e sentita anche un po’ infelice, soprattutto alla fine. Alla fine l’uomo quando ha smesso di parlare ha alzato la coperta del letto dove la sua mamma stava dormendo ma invece sotto c’erano solo cuscini e lì si è sdraiato lui. Io non capivo e mi sono anche sentita un pò arrabbiata perché volevo scoprire altre cose e invece le luci si erano spente ed era tutto buio come all’inizio. Ma dopo aver pensato un po’ mi sono sentita solo molto triste. Ero triste perché la fine voleva dire che lui non aveva veramente la mamma e che stava parlando da solo, ma non era questo a preoccuparmi. La cosa brutta era che lui aveva creduto di avere lì vicino la sua mamma e invece era solo e chissà invece dov’era lei. Non era molto bello come finale e mi sentivo molto dispiaciuta per lui e quindi ho sperato tantissimo che prima o poi potesse imparare a volare così magari, in mezzo alle nuvole, riusciva a trovare la sua mamma e a raccontarle la storia che ha raccontato a noi. Poi però l’uomo è uscito ma aveva smesso di recitare e l’ho capito perché non parlava più come i miei amici e non cercava più la sua mamma e si è seduto, ha parlato e si è messo a cantare una canzone che mi piaceva ma io ero un po’ distratta quindi non me la ricordo bene. Stavo ancora pensando all’uomo riccio con la tuta sporca di colore che parlava come noi bambini e disegnava mondi inventati e speravo veramente che un giorno sarebbe riuscito a volare.

Gemma Grasselli

Mi chiamo Maria, ho 10 anni e se incontro per strada un matto non lo so riconoscere perché per me sono come persone normali: vanno a scuola o al lavoro, giocano con gli amici e vanno in bicicletta. Le loro case sono tutte in disordine e piene di cose colorate.
I matti sono come il personaggio di una canzone che mi piace che fa “pippo Pippo non lo sa che quando passa ride tutta la città” infatti i matti fanno cose pazze che fanno ridere e spesso fanno degli spettacoli dove sono seduti su delle bici con una sola ruota e lanciano in aria le palline. Però ci sono anche i matti quelli un po’ più normali, che non sai che sono matti, e te ne accorgi solo qualche volta.
Anche le mie amiche ogni tanto sono un po’ matte e fanno cose che mi fanno un sacco ridere e ogni tanto anche io faccio la matta assieme a loro, però faccio per finta, non sono veramente matta.

Laura Casiraghi

Raffaello è un adulto un po’ strano, diverso, però fa tanto ridere. A volte sembra matto, ma è un matto divertente, non di quelli cattivi. Le sue battute però non fanno sempre ridere, a volte fanno triste, non si sa, non si capisce. Poi Raffaello ha perso la mamma, ma lui voleva molto bene alla sua mamma, si vedeva. Lei però lo ha lasciato, non si sa perché, forse è per quello che è diventato matto: perché era triste. Era sempre solo, in una stanza tutta bianca, neanche un colore, ovvio che diventi matto, e se lo sei già ancora di più. Forse lui era uno di quelli già matti. Poi bastava guardargli i capelli, erano tanti, tutti ricci, sì proprio capelli di un tipo strano, sembravano matti anche quelli. E poi raccontava tante cose, un sacco di storie, di persone, ma non si capiva tutto, lui, Raffaello, ti confondeva un po’, quasi diventavi matto anche tu. E poi parlava sempre con quel letto, pensava fosse la mamma, ma non capiva che non c’era nessuno? Ah sì, proprio matto, ma gli mancava la mamma, era solo. Voleva bene alla sua mamma anche se lui non l’aveva mai vista. Era matto, sicuro, ma era proprio buono e solo, tanto solo, nel suo piccolo grande mondo.

Giulia Mioni