Il mondo che cade

Di porte chiuse nella vita ne ho trovate, che sia per la mia timidezza che mi impedisce di aprirmi subito e d’altro canto quando parlo risulto scontrosa e superba. I miei difetti di vista che mi hanno creato diverse difficoltà soprattutto con il percorso di studi che sto facendo o l’ansia che mi ha divorato l’anno scorso e mi ha fatto chiudere in me stessa. Ma la “botta” più forte di tutte è senza ombra di dubbio il mio infortunio. Ero andata a Vittorio Veneto per una gara di judo, sport che faccio da sempre, ed era più di una semplice gara infatti era la qualificazione agli italiani. Ho vinto, ero la prima, la migliore del Veneto. Avevo una settimana per allenarmi per poi andare a Roma, la finale mi aspettava. Un allenamento pesantissimo, non volevo mollare anche se il male era insostenibile… Mi hanno fermato i maestri e i miei compagni, sono stati loro a farmi sedere perché io non volevo mollare. Il dolore non passava anche da ferma, siamo andati in ospedale. Piangevo, facevo fatica a respirare, fitte fortissime poi le parole dei medici “ha la troponina sballata, preferiamo tenerla in osservazione per questa notte”. Troponina? Si, l’enzima che preannuncia l’infarto. Mi hanno tenuto una settimana in ospedale per capire cosa avessi. Ho forzato così tanto i muscoli che si sono rotti, letteralmente e così si è rotto anche il mio sogno di andare a Roma, di far gare e muovermi mi faceva così male che ho smesso di allenarmi. A me non si è chiusa una porta in faccia, a me è caduto tutto il mondo addosso. Non ero più in grado di fare quello in cui un attimo prima ero la migliore. Solo ora, dopo due anni, ho riniziato ad allenarmi.

Matilde Massalin