Dal punto di vista di impatto fisico, il Macbettu è stata un’opera che mia ha colpita in modo forte. Anche a distanza di qualche settimana, mi restano sicuramente addosso i colori scuri e bui che caratterizzavano la scena: il nero predominava, lasciando permanere in me un senso di mistero e offuscamento.
Quello che però ha reso unica l’opera, secondo il mio punto di vista, è stato l’uso dei suoni. Gli attori utilizzavano i vari strumenti che avevano a disposizione per crearli (come ad esempio le pietre o le lunghe tavole di metallo) e il più delle volte immobilizzavano la platea. Erano rumori sordi e fortissimi che riuscivano a colpire dentro di me, obbligandomi a non distogliere per un secondo lo sguardo dalla scena.
Una delle scene più forti è stata quella in cui gli attori hanno fatto cadere le tavole che stavano in verticale per terra, creando anche in quel caso un forte boato, seguito da un silenzio quasi angosciante.
Rachele Dalla Pozza

Un rumore continuo e assordante invade il mio udito e fa vibrare la mia pelle. Una sensazione di ansia gonfia il mio petto. Si alternano scene più calme a quelle più rumorose, che ogni volta mantengo l’attenzione quasi prepotentemente, con suoni tenaci e talvolta stridenti, suoni che sono in grado di riecheggiare nei propri pensieri perfino fuori dalla sala.

Amelia Maccà

“…Tavolozza oscura quella di Macbettu…

innanzi a noi si presentava il grigio antracite della puerile paura nei confronti del cattivo delle favole, la nuvolosa cupezza della brughiera, accostata al plumbeo tuono spesso ricorrente nella scena. Esperienza misteriosa e magica, questa tragedia ha avuto il potere di immergermi in emozioni  che da tempo avevo lasciato impolverare, ridefinendo tinte di un quadro sulle quali gravava il peso della mia indifferenza. Uniche pennellate contrastanti, stese sulla tela complessiva della serata, le tre streghe, piacevolmente irriverenti e con effetto dissacrante sulla scena globale, e quelle, ben più marcate, create con il rosso cremisi dei delitti disseminati nell’intera opera.

Un coinvolgimento totale del corpo che ha saputo illustrarmi gli aspetti più reconditi ed ancestrali di un mondo sconosciuto

…un’opera d’arte.”

Francesco Buzzacchero 

Silenzio. I corpi sono rilassati, i respiri calmi. Suoni freddi si fanno strada tra i sensi. Metallo. Si avvicinano. Vento. Ci raggiungono. Pioggia, grandine. Ci prendono. Il sangue si gela. Il battito del cuore accelera, pulsa nella testa. Sembra scoppiare. La realtà si frantuma, dilaga l’irrazionalità. Tum Tum Tum. Sento l’odore della sofferenza. Tum Tum Tum. La mia pelle vuole staccarsi dalle ossa. Tum Tum Tum. Lame mi perforano i timpani. Tum Tum Tum. Paura, rabbia, dolore. Basta. Le fucilate si attenuano. Si placano. Spariscono. Silenzio. I corpi si rilassano, i respiri si calmano. L’aria è carica di tensione.

Francesca Morelli

È nel rosso dei sipari
che le mie certezze si perdono,
ferite da folli dardi avvelenati da esaltate visioni;
è nella voce degli attori
che io sfogo passioni proibite,
vortice di invidiosa ammirazione;
è del pubblico, degli spettatori assorti
che il mio sguardo si fa beffe, —> (doveva esserci lei sul palco)
di vite che si incontrano, si fondono
in alchimie contorte per poi separarsi
senza perdersi mai;
è al teatro, alle sue storie, ai suoi protagonisti
che io sento di appartenere
dimensioni irreali per anime vere.

Francesca Morelli

Ho chiesto ad un’amica di famiglia cosa ne pensasse del teatro e mi ha risposto che per lei il teatro è emozione, un luogo dove gli attori trasmettono sentimenti al pubblico.

Matilde De Rizzo

Il colore nero e i suoni molto potenti all’inizio dell’opera hanno trasmetto sentimenti molto intensi che sono mi sono rimasti impressi. Questi due, a mio parere, rendevano la scena più intima e coinvolgevano molto il pubblico.

Matilde De Rizzo

Ripensando allo spettacolo Macbettu, i suoi suoni, potenti e coinvolgenti, sono il primo fattore che mi torna alla memoria; la musica prodotta dalle pietre di Pinuccio Sciola, affascinante come poche melodie, gli antichi strumenti e la lingua sarda degli attori mi hanno catapultata in un altro mondo; ricordo uno stato di agitazione che i suoni più potenti mi hanno fatto provare, una sensazione, che mai avevo sentito così chiaramente, di essere attraversata e violata dai fortissimi rimbombi delle percussioni prodotte battendo delle lamiere presenti sul palco.
Oltre ai suoni, anche i colori mi hanno colpita, in particolare l’uso del grigio e del nero, sempre presenti nella scena e che accentuavano il senso di angoscia provato in alcune scene.
È indubitabile che questa produzione di Alessandro Serra abbia un fortissimo impatto emotivo, direi una specie di potere immateriale che consiste nel trasmettere sensazioni al pubblico senza però chiedere il permesso.
È una visione che coinvolge più sensi, uno spettacolo che se ascoltato ad occhi chiusi riesce comunque a sorprenderti tramite la sua musicalità, un Macbeth molto interessante da riscoprire nella sua rivisitazione sarda, che trasporta chi vi assiste in luoghi e tempi lontani da quelli a cui siamo abituati.
Quando abbiamo incontrato Alessandro Serra mi è rimasto impresso ciò che ci ha detto, ovvero che per lui l’aspetto più prezioso del teatro è quello di riuscire ad incantare e ad ipnotizzare l’uomo, che ha bisogno di sentirsi in questo modo. Posso parlare solo di esperienza personale, però nel mio caso il suo intento è riuscito, perché la moltitudine di aspetti affascinati di questo spettacolo, che vanno oltre al testo di Shakespeare scelto, lo ha reso speciale e indimenticabile.

Giulia Chiumento

Ora posso dire di essere stato in Sardegna, per un’ora e mezza seduto in un teatro. Sarà un commento azzardato, ma è quello che mi è rimasto dello spettacolo Macbettu. Messa da parte l’opera di Shakespeare, di cui conosco ben poco, rimane l’interpretazione, i gesti, le voci e l’espressività degli attori sul palcoscenico che, sebbene parlino in sardo per novanta minuti, si fanno capire dal pubblico, il quale rimane compiaciuto, grato e allietato anche da una così tragica vicenda di sangue.
Ritornando al punto espresso precedentemente, ho potuto notare un grande utilizzo di elementi caratteristici della Sardegna nell’opera teatrale, tanto da poter quasi immergersi nel suo ambiente. Inoltre l’aggiunta non ha gravato sullo spettacolo deviandolo dalla sua trama principale; piuttosto l’ha accentuato, reso più aspro e serio in alcune scene, allegro, spensierato ed energico in altre.
Questo spettacolo è stato capace di narrare una cupa vicenda e, oltretutto, di raccontarla in modo che lo spettatore possa viverla, capirla ed essere segnato da essa.

Martino Dalla Vecchia

Durante l’opera ,inizialmente, i suoni che accompagnavano lo spettacolo mi hanno infastidito, erano forti, stridenti e rimbombavano…Abituandomi, questi rumori hanno contribuito a un coinvolgimento emotivo, creando un’atmosfera cupa e a volte violenta.
L’ironia creata dalle streghe mischiata all’aria profonda e nera dell’opera  da vita ad un’atmosfera agrodolce che inonda la sala.
Nonostante la lingua sarda, non ci si annoia, perchè la maggior parte del coinvolgimento è dato dalle azioni, dagli spostamenti degli attori e dai rumori che scandiscono lo spettacolo.
Mi è piaciuta molto questa rappresentazione , hanno preso la trama come fondamenta e hanno costruito un bel palazzo pieno di suoni e emozioni forti.

Pietro Ceola