Non siamo tutti così bravi da capire i versi degli animali.

È una battuta ma contiene in sé molte ragioni che la portarono ad odiare il teatro. Non era mai andata a teatro, non che ricordasse, e andare all’olimpico era una buona scusa per iniziare.

Certo a 12 anni non si può pretendere di capire storie che nemmeno i grandi sono in grado di affrontare completamente. Ismene, Fedra e Aiace. Non li avevo mai sentiti nominare e l’attrice non me li ha spiegati. Non ne ho letto le storie e non le ho capite in scena. Il dramma di una sorella, che è sempre vissuta nell’ombra della sua famiglia, maledetta, masochista, omicida. Il dramma di una donna arsa alla passione e rifiutata, vecchia, non più bella, infedele. Il dramma di un guerriero, che non riesce a sostenere il peso della sua forza, il peso della sua infamia e della sua pazzia, alienato da sé stesso, privo della sua potenza, trafitto dal suo dolore. Il tutto condito da una buona quantità di francese, greco e versi animaleschi, monosillabici, gutturali, grattati sulla gola di una Pousseur d’alto livello e competenze canore. Sembrava un rito satanico.

Adesso non esagerare, rito satanico è molto pesante da dire.

Ma sì. In fondo sembrava un rito satanico, con quelle flebili luci, quelle urla da lontano. C’ erano anche le pelli degli animali che si gonfiavano. E poi le voci, che arrivavano da ogni parte, come se dall’attrice partissero per le pareti, rimbalzando sulle statue di una cornice teatrale suggestiva, finendo sullo scudo d’oro e le lastre di metallo sparse pe il corridoio di uno spazio scenico. Ma un lato positivo c’era: la musica. Partiva da dentro di lei e arrivava dentro di me. Ma nulla di più. Non siamo tutti così bravi da capire subito una storia, le scelte di un uomo, il dolore di una donna. Se non me lo avessi regalato tu, non avrei speso un’ora e mezza della mia vita per vedere uomini e donne di cui non conoscevo le storie, per sentire musiche che non ero in grado di apprezzare, in un luogo che dice molto solo se si riesce ad ascoltarlo. Non siamo tutti così bravi.

Adesso tu andrai avanti con la tua vita, presto dimenticherai lo spettacolo, la musica, i gesti, i volti. Non siamo tutti così bravi da capire le ragioni profonde delle cose, spesso ci fermiamo ad uno specchio opaco che riflette male le cause interiori, un buco sfocato nello stomaco. Sarai così brava da dimenticare tutto e saprai fra qualche anno di non essere mai andata a teatro. Ti siederai sulla poltrona, stanca dopo una giornata impegnativa. Troverai di fronte a te uno spettacolo, una meraviglia che ti riempirà i polmoni di un respiro fresco di amore e ammirazione. Allora sì, potrai dire che la Trilogia era un rito satanico, perché saprai cos’è un rito angelico. Potrai dire di non aver capito le storie di Ismene, di Fedra, di Aiace, perché ne avrai capite molte altre. Sarai così brava da dire sì ho capito, no non mi è piaciuto. Svilupperai un occhio attento ai dettagli, vedrai il fremito sotto la veste, il tremore della voce, e la potenza del suono. Sarai così brava da distinguere i colori, gli opposti, i conflitti. Capirai dentro di te, quale genere ti avvicina, quale si avvicina. Sarai così brava….

Rachele Dalla Vecchia 

Il momento che in assoluto mi ha colpito di più nello spettacolo “Le avventure di numero primo” interpretato da Marco Paolini è stato alla fine, quando ci ha dato una sua personale chiave di lettura, il suo pensiero molto avanguardistico soprattutto per la sua generazione, poiché molto spesso dividiamo la natura dalla tecnologia disprezzandola e considerandola sempre come un aspetto negativo e nocivo per la nostra crescita e le nuove generazioni. Nonostante la mente probabilmente chiusa della maggior parte del pubblico Paolini si è dimostrato coraggioso donandoci un altro possibile punto di vista ovvero il lato buono della tecnologia, la dimostrazione che l’innovazione tecnologica sicuramente  può avere dei lati negativi ma dunque ne ha altrettanti positivi che potrebbero arrivare ad aiutarci ed addirittura a migliorarci.

Emma Cariolato

Quando chiesi a mia mamma di descrivere il suo approccio più significativo con il teatro subito mi disse che ci doveva pensare poiché aveva partecipato a molti spettacoli e non sapeva decidersi, dopo un paio di giorni era ancora insicura dunque decisi di cambiare domanda e chiederle il primo ricordo che le tornava alla mente e lei mi rispose così:

«Sono stata molte volte a vedere spettacoli teatrali ma il pensiero più forte che mi riaffiora alla mente è quando ho scoperto quest’arte per la prima volta, ovvero al tempo delle elementari. Mi ricordo lo spettacolo che avevamo messo in scena “La porti un bacione a Firenze”: le emozioni forti, sia il divertimento che un po’ di paura, i colori per allestire il palcoscenico e anche un po’ d’invidia per i “preferiti” delle maestre che avevano le parti più belle, e infine l’orgoglio una volta finito tutto incrementato dai complimenti e i bacioni da parte dei miei parenti».

Emma Cariolato

Che cos’è la tecnologia? Marco Paolini risponde, asserendo che essa è tutto ciò che viene dopo la nostra nascita. Ma che rapporto esiste tra tecnologia e natura? Grazie all’interessante rappresentazione teatrale e con l’aiuto del suo libro, Paolini riesce a dare una risposta, attraverso la storia di un bambino, Numero Primo, del quale Ettore, fotoreporter di guerra, diventa improvvisamente padre e con il quale dovrà imparare a confrontarsi e a convivere. Numero, però, non è un bambino comune, ma riesce a trovare la magia anche nelle piccolezze, a cui tutti sono abituati e che nessuno ormai considera più. Impara molto in fretta, anche se inizialmente non riconosce nulla; proprio a causa di queste sue caratteristiche particolare, Ettore e Numero saranno costretti a fuggire da coloro che desiderano impossessarsi del bambino. È interessante notare l’evolversi del rapporto padre-figlio, che si instaura tra i due: sembra assumere maggior importanza mano a mano che la scena arriva al culmine, con il rapimento di Numero. In questo momento si capisce quanto veramente Ettore si sia legato al bambino, in così poco tempo. Infatti, si dispera e tenta in tutti i modi di rintracciarlo, nel minor tempo possibile. A mio parere è stata una scena molto commovente, che è riuscita a trasmettere perfettamente le emozioni del padre, nel momento in cui perde suo figlio.

Francesca Catelan

F(rancesca): Sei mai stato a teatro, per una rappresentazione teatrale?

M(ichele): Si, certo. Principalmente con la scuola.

F: Indicativamente quante volte?

M: Penso non più di quattro volte.

F: E a vedere cosa? Ti ricordi?

M: Mi ricordo in particolare uno spettacolo sul tema del bullismo, mi ha colpito molto.

F: E quali sensazioni hai provato?

M: Era una rappresentazione che mostrava sia il punto di vista della vittima, e mi ricordo di essere rimasto molto colpito e inquietato, sia il ruolo del bullo, ma non lo capivo, perché avrebbe dovuto far star male qualcuno? Nonostante i mille motivi, non fino a questo punto!

F: Spiegati meglio

M: Nel senso che, nonostante possano esserci molti motivi per volere che una persona stia male, il bullismo è un estremo e raggiungerlo è davvero molto rischioso, sia per la vittima, che per il bullo. Sono esperienze che ricordi a vita.

F: Quindi ti è rimasto qualche insegnamento da quello spettacolo o lo ricordi per vari effetti speciali o luci?

M: Non penso di aver nemmeno notato le luci, tranne forse verso la fine, quando la vittima stava morendo. Mi sono ricordato in particolare di questo, perché, quando sono uscito dal teatro, avevo un senso di inquietudine intorno, che mi faceva quasi venire la nausea. Infatti poi, tornando a casa da scuola con l’autobus, ricordo che mi girava un po’ la testa.

F: Ricordi altri spettacoli che ti hanno colpito?

M: No, questo è stato quello che mi è rimasto più impresso, l’avevo visto in quarta superiore, mi pare.

F: D’accordo, grazie.

Francesca Catelan

La tecnologia è figlia dell’uomo, una sua estensione. Ma la domanda è: fino a dove ci spingeremo? Fino a dove noi riusciremo ad arrivare senza oltrepassare il limite, esagerando tanto da rischiare di giungere al punto in cui la nostra stessa specie sarà sottoposta ad un continuo pericolo, persino di estinzione?

Questo è ciò su cui la visione dello spettacolo Le Avventure di Numero Primo mi ha portato a riflettere successivamente. Il giovane protagonista, Numero Primo, è a metà tra ciò che è un essere umano e un robot, che insieme al padre cresce e inizia ad affrontare le piccole difficoltà della vita che poco a poco cominciano a ostacolargli il cammino. Il personaggio che più mi è piaciuto è stato quello del padre: un padre che impara e che cerca di essere tale nel modo più giusto possibile, che si impegna per essere buono e corretto e per crescere il figlio nel modo migliore, cosa assolutamente non semplice come magari invece pare. Proprio il lento e progressivo affezionarsi al figlio da parte del padre e il suo rendersene conto pian piano mi ha emozionata e commossa molto.

Francesca Raumer

Io ho scelto di intervistare mio padre, l’unico della mia famiglia ad essere realmente e fortemente appassionato di arte e di tutto ciò che la riguarda. Arte è anche la parola che lui collega al teatro, perché crede che essa sia qualcosa di meraviglioso tanto da emozionare chiunque sia pronto ad ammetterlo.

L’ultima volta che è andato a teatro è stata non molte settimane fa per vedere Il Padre , insieme a sua mamma. Era uno spettacolo dove gli attori interpretavano una situazione di dolore allo stato puro: il padre di famiglia, malato di alzheimer, pian piano comincia a dimenticare prima ciò che aveva appena pronunciato o affermato, poi anche le facce e i nomi delle persone a lui più care. Proprio questo clima di dolore che veniva interpretato ha impressionato fortemente mio padre, tanto da discuterne tutti insieme a casa.

Francesca Raumer

 Futuro. Una parola che ad alcuni spaventa, ad altri dà speranza, altri ancora preferiscono non pensarci, oppure alcuni lasciano che sia la sorte a governarlo. Paolini cerca di immaginarlo con i suoi lati positivi e negativi, e con ironia e realismo offre un assaggio di quello che un giorno potrebbe diventare il nostro mondo. Dà così uno spunto di riflessione sulla tecnologia al giorno d’oggi: esorta sia a buttarsi nella scoperta di questo nuovo universo, sia a stare attenti per fare un giusto uso di essa. Infatti ha presentato due esempi di tecnologia: quella “buona” che offre all’uomo nuove possibilità e opportunità rappresentata dalla madre di Numero Primo, Ekné, mentre quella “cattiva” che invece danneggia e cerca di manipolare l’umanità, personificata in Arca, un potente calcolatore che vuole appropriarsi del piccolo protagonista.

Inoltre, alla fine dello spettacolo, Paolini spiega che, nell’interminabile dibattito tra chi sostiene un ritorno alla natura e chi invece propende per l’innovazione tecnologica, identifica la prima in tutto ciò che era presente alla sua nascita e la seconda in tutto ciò che é venuto e verrà dopo. Egli sostiene che, nonostante sia difficile, l’uomo deve mettersi in gioco e sperimentare ciò che effettivamente per lui é tecnologia senza spaventarsi e negare ogni possibilità ad essa.

Soprattutto per questo Le avventure di Numero Primo si presenta come uno spettacolo indirizzato principalmente agli adulti della generazione di Marco Paolini, ma che é comprensibile e offre spunti di riflessione a tutti.

Giulia Ciscato

La tecnologia è figlia dell’uomo e in quanto tale ne rappresenta un’estensione.
Ma qual è il rapporto che ognuno di noi ha con essa? Dove ci porterà il progresso tecnologico? Come sono collegate intelligenza biologica e quella artificiale?
Queste sono solo alcune delle domande che hanno portato alla realizzazione del libro, e poi ella rappresentazione teatrale, de Le avventure di Numero Primo, scritto e interpretato da Marco Paolini.
Quella raccontata è la storia di un bambino, Numero Primo, né umano né completamente robotico che spesso però è capace di mostrare maggior sensibilità rispetto a suo padre, Ettore, uomo davvero, che si rende conto dell’amore provato per il bimbo solo quando lo perde.
Le avventure di Numero Primo sono un racconto di un profondo e sincero rapporto padre-figlio che lo stesso Paolini vive da qualche anno ed è stato forse per questo suo intimo legame con  tema che, con grande maestria, è riuscito a intrattenere il pubblico per due ore, non stancandolo mai sebbene fosse l’unica figura presente nel palco, realizzando così un piccolo miracolo teatrale.
Una storia ben riuscita perché, anche se troppo ricca di dettagli, basata su esperienze, dubbi e speranze di un uomo, ma più in particolare di un padre, che tenta di non giudicare il mondo in cui il figlio è stato accolto e dove crescerà, quanto piuttosto di accettarlo e di abbracciarlo il più possibile.
Matilde Cazzola 

«Ogni singolo avvenimento ha un proprio “gesto” fondamentale […]. La bellezza della rappresentazione, cioè della disposizione e dei movimenti dei personaggi sulla scena, deriverà innanzitutto dall’eleganza con cui il materiale gestuale sarà presentato e sottoposto al giudizio del pubblico».

– Bertold Brecht –

Qual è il materiale gestuale di “Le avventure di Numero Primo” di Marco Paolini? Quali sono i gesti, i movimenti scenici o drammaturgici, i momenti, i comportamenti che risuonano dentro di noi? Dov’è, dal nostro punto di vista, l’eleganza dello spettacolo?
Con i ragazzi del Lab Critico della Campus Lab abbiamo lavorato sulle nostre risonanze emotive, positive o negative, rispettoContinua a leggere