Meraviglia. Questo è ciò che mi è rimasto impresso di Le avventure di Numero Primo di Paolini. È quasi paradossale la profondità dello sguardo di Numero Primo, è come se la tecnologia accompagnasse l’uomo e lo incitasse a meravigliarsi di ciò che lo circonda. È una profonda riflessione e critica alla società, che spesso incolpa la tecnologia per la superficialità delle proprie azioni, ma non è forse essa stessa a guardarla con occhio sbagliato e a non saper cogliere i suoi frutti? Paolini è riuscito a creare un legame empatico con il pubblico, e in particolar modo mi fermavo a riflettere assieme a lui mentre Numero Primo cresceva e si stupiva di ciò che avveniva attorno a lui. Questo forte legame è stato forse avvenuto anche grazie alla naturalità dei gesti che egli esprimeva. Espressioni di dolcezza, di stupore, gesto d’affetto.. La dimensione umana nonostante tutto era sempre presente, anche in Numero Primo. Era di una naturalezza tale che si percepiva ben poco il fatto che Paolini fosse “solo” un narratore. Paolini era il narratore e il personaggio, il cuore della storia, il mezzo del messaggio emotivo, verbale o non verbale.
Per me la rappresentazione è stata un punto diverso di vista della nostra società tecnologica, ma anche la riscoperta di una speranza e di una forza motrice che risiede in ognuno di noi: la forza dell’amore, la meraviglia.

Cristina Alina Vaduva

Prima di recarmi allo spettacolo, sospettavo che la rappresentazione si sarebbe rivelata noiosa e pesante. Non avevo mai assistito ad un monologo teatrale, di conseguenza non sapevo esattamente cosa aspettarmi. Tuttavia, sin dal primo momento in cui Paolini è entrato in scena, è stato in grado di mettere lo spettatore in una condizione di familiarità e di renderlo partecipe delle vicende; simile ad un padre che, con qualche risata e magari un occasionale rimprovero, insegna al figlio ad affrontare la vita e ad essere cosciente di se stesso. Proprio le sequenze in cui viene rappresentato il rapporto tra padre e figlio sono quelle che più mi hanno emozionata, riuscendo a coinvolgermi in un qualcosa come la maternità (o paternità) che ancora mi è estraneo, ma che ho comunque sentito vicino. È evidente l’esperienza teatrale di Paolini: ogni gesto compiuto sul palco rivela una certa dose di autocoscienza e di consapevolezza di ciò che si sta facendo; nulla è casuale e qualsiasi movimento è finalizzato a rivelare un messaggio superiore all’apparenza. Questa è la sensazione che Paolini mi ha dato mentre si muoveva in scena. L’unico aspetto che non ho apprezzato e ho trovato frustrante sono state le sequenze telefoniche. Spezzavano il ritmo della narrazione, utilizzando una tecnica narrativa completamente diversa dal monologo e secondo me poco conciliabile con esso. Malgrado questo fattore, la rappresentazione è stata perfettamente godibile e personalmente le due ore non mi sono pesate quasi per nulla. Speravo piuttosto che durasse di più, che venisse dato maggior spazio al finale e non lasciasse lo spettatore proprio nel momento di massima tensione. Questo l’ho trovato fastidioso e forse un po’ comodo, ma mi ha lasciato comunque in mente vari spunti di riflessione nel momento di uscita dal teatro, in particolare inerenti alla mia generazione, al suo rapporto con la tecnologia e come quest’ultima influenza la mia vita.

Agnese Pegoraro

Il momento che in assoluto mi ha colpito di più nello spettacolo “Le avventure di numero primo” interpretato da Marco Paolini è stato alla fine, quando ci ha dato una sua personale chiave di lettura, il suo pensiero molto avanguardistico soprattutto per la sua generazione, poiché molto spesso dividiamo la natura dalla tecnologia disprezzandola e considerandola sempre come un aspetto negativo e nocivo per la nostra crescita e le nuove generazioni. Nonostante la mente probabilmente chiusa della maggior parte del pubblico Paolini si è dimostrato coraggioso donandoci un altro possibile punto di vista ovvero il lato buono della tecnologia, la dimostrazione che l’innovazione tecnologica sicuramente  può avere dei lati negativi ma dunque ne ha altrettanti positivi che potrebbero arrivare ad aiutarci ed addirittura a migliorarci.

Emma Cariolato

Che cos’è la tecnologia? Marco Paolini risponde, asserendo che essa è tutto ciò che viene dopo la nostra nascita. Ma che rapporto esiste tra tecnologia e natura? Grazie all’interessante rappresentazione teatrale e con l’aiuto del suo libro, Paolini riesce a dare una risposta, attraverso la storia di un bambino, Numero Primo, del quale Ettore, fotoreporter di guerra, diventa improvvisamente padre e con il quale dovrà imparare a confrontarsi e a convivere. Numero, però, non è un bambino comune, ma riesce a trovare la magia anche nelle piccolezze, a cui tutti sono abituati e che nessuno ormai considera più. Impara molto in fretta, anche se inizialmente non riconosce nulla; proprio a causa di queste sue caratteristiche particolare, Ettore e Numero saranno costretti a fuggire da coloro che desiderano impossessarsi del bambino. È interessante notare l’evolversi del rapporto padre-figlio, che si instaura tra i due: sembra assumere maggior importanza mano a mano che la scena arriva al culmine, con il rapimento di Numero. In questo momento si capisce quanto veramente Ettore si sia legato al bambino, in così poco tempo. Infatti, si dispera e tenta in tutti i modi di rintracciarlo, nel minor tempo possibile. A mio parere è stata una scena molto commovente, che è riuscita a trasmettere perfettamente le emozioni del padre, nel momento in cui perde suo figlio.

Francesca Catelan

La tecnologia è figlia dell’uomo, una sua estensione. Ma la domanda è: fino a dove ci spingeremo? Fino a dove noi riusciremo ad arrivare senza oltrepassare il limite, esagerando tanto da rischiare di giungere al punto in cui la nostra stessa specie sarà sottoposta ad un continuo pericolo, persino di estinzione?

Questo è ciò su cui la visione dello spettacolo Le Avventure di Numero Primo mi ha portato a riflettere successivamente. Il giovane protagonista, Numero Primo, è a metà tra ciò che è un essere umano e un robot, che insieme al padre cresce e inizia ad affrontare le piccole difficoltà della vita che poco a poco cominciano a ostacolargli il cammino. Il personaggio che più mi è piaciuto è stato quello del padre: un padre che impara e che cerca di essere tale nel modo più giusto possibile, che si impegna per essere buono e corretto e per crescere il figlio nel modo migliore, cosa assolutamente non semplice come magari invece pare. Proprio il lento e progressivo affezionarsi al figlio da parte del padre e il suo rendersene conto pian piano mi ha emozionata e commossa molto.

Francesca Raumer

 Futuro. Una parola che ad alcuni spaventa, ad altri dà speranza, altri ancora preferiscono non pensarci, oppure alcuni lasciano che sia la sorte a governarlo. Paolini cerca di immaginarlo con i suoi lati positivi e negativi, e con ironia e realismo offre un assaggio di quello che un giorno potrebbe diventare il nostro mondo. Dà così uno spunto di riflessione sulla tecnologia al giorno d’oggi: esorta sia a buttarsi nella scoperta di questo nuovo universo, sia a stare attenti per fare un giusto uso di essa. Infatti ha presentato due esempi di tecnologia: quella “buona” che offre all’uomo nuove possibilità e opportunità rappresentata dalla madre di Numero Primo, Ekné, mentre quella “cattiva” che invece danneggia e cerca di manipolare l’umanità, personificata in Arca, un potente calcolatore che vuole appropriarsi del piccolo protagonista.

Inoltre, alla fine dello spettacolo, Paolini spiega che, nell’interminabile dibattito tra chi sostiene un ritorno alla natura e chi invece propende per l’innovazione tecnologica, identifica la prima in tutto ciò che era presente alla sua nascita e la seconda in tutto ciò che é venuto e verrà dopo. Egli sostiene che, nonostante sia difficile, l’uomo deve mettersi in gioco e sperimentare ciò che effettivamente per lui é tecnologia senza spaventarsi e negare ogni possibilità ad essa.

Soprattutto per questo Le avventure di Numero Primo si presenta come uno spettacolo indirizzato principalmente agli adulti della generazione di Marco Paolini, ma che é comprensibile e offre spunti di riflessione a tutti.

Giulia Ciscato

La tecnologia è figlia dell’uomo e in quanto tale ne rappresenta un’estensione.
Ma qual è il rapporto che ognuno di noi ha con essa? Dove ci porterà il progresso tecnologico? Come sono collegate intelligenza biologica e quella artificiale?
Queste sono solo alcune delle domande che hanno portato alla realizzazione del libro, e poi ella rappresentazione teatrale, de Le avventure di Numero Primo, scritto e interpretato da Marco Paolini.
Quella raccontata è la storia di un bambino, Numero Primo, né umano né completamente robotico che spesso però è capace di mostrare maggior sensibilità rispetto a suo padre, Ettore, uomo davvero, che si rende conto dell’amore provato per il bimbo solo quando lo perde.
Le avventure di Numero Primo sono un racconto di un profondo e sincero rapporto padre-figlio che lo stesso Paolini vive da qualche anno ed è stato forse per questo suo intimo legame con  tema che, con grande maestria, è riuscito a intrattenere il pubblico per due ore, non stancandolo mai sebbene fosse l’unica figura presente nel palco, realizzando così un piccolo miracolo teatrale.
Una storia ben riuscita perché, anche se troppo ricca di dettagli, basata su esperienze, dubbi e speranze di un uomo, ma più in particolare di un padre, che tenta di non giudicare il mondo in cui il figlio è stato accolto e dove crescerà, quanto piuttosto di accettarlo e di abbracciarlo il più possibile.
Matilde Cazzola 

«Ogni singolo avvenimento ha un proprio “gesto” fondamentale […]. La bellezza della rappresentazione, cioè della disposizione e dei movimenti dei personaggi sulla scena, deriverà innanzitutto dall’eleganza con cui il materiale gestuale sarà presentato e sottoposto al giudizio del pubblico».

– Bertold Brecht –

Qual è il materiale gestuale di “Le avventure di Numero Primo” di Marco Paolini? Quali sono i gesti, i movimenti scenici o drammaturgici, i momenti, i comportamenti che risuonano dentro di noi? Dov’è, dal nostro punto di vista, l’eleganza dello spettacolo?
Con i ragazzi del Lab Critico della Campus Lab abbiamo lavorato sulle nostre risonanze emotive, positive o negative, rispettoContinua a leggere

Due mondi contrastanti, due zolle tettoniche confinanti, a rischio di collisione, vicine, ma irrimediabilmente separate, così Marco Paolini, in Le avventure di Numero Primo, ci descrive il rapporto contrastante, alienante, quasi distopico tra Natura e Tecnologia.
In uno spettacolo ben costruito nella sua varietà e poliedricità drammaturgica, contornato da una scenografia scarna e volta all’essenzialità, elemento chiave che, a mio avviso, poteva essere reso ulteriormente, Paolini ha saputo trattare coraggiosamente e sapientemente tematiche per noi quanto mai attuali, mantenendo sempre alta l’attenzione e l’ilarità del pubblico in sala.
Non solo. Paolini, da poco padre, affronta in un futuro tutt’altro che lontano, 5000 giorni da oggi, il tema di una Paternità improvvisata, quasi inaspettata, finita nel momento stesso del suo inizio.
Costanti, continui, assidui, forse eccessivi (?) i riferimenti e gli stimoli che Paolini inserisce liberamente nel corso della narrazione. Impossibile cogliere e comprendere tutto.
Essenziale dunque il ‘bis’ conclusivo, per capire, per mantenere fino in fondo un rapporto con il pubblico, per lasciare una riflessione oltre lo stesso spettacolo.

Elisa Ferretto

“Tecnologia, tutto è possibile!” esclama a pieni polmoni la voce di Paolini sul palco poco dopo l’inizio del suo spettacolo. Le avventure di Numero Primo è un accumulo intenso di riflessioni profonde e pensieri geniali, tanto concentrato da mettere talvolta in difficoltà lo spettatore che tenta di afferrare tutti gli spunti e le provocazioni che gli vengono dati, quasi eccessivi per una sola rappresentazione. Tuttavia, quando ciò viene narrato da una voce come quella di Marco Paolini non è possibile pensare ad uno spettacolo pesante o difficile da seguire. Con una narrazione divertente ma seria nello stesso momento e una retorica assolutamente invidiabile, egli è riuscito a mantenere coinvolto lo spettatore fino alla fine, all’interno di una scenografia minimale e secondaria. A mio parere, questa appuntamento teatrale può essere riassunto in tre sole parole, un artista encomiabile.

Elena Mioni